Di G. Marrone, Ed. Laterza, 2007.
La marca è un fenomeno (o, meglio, un complesso insieme di fenomeni) di natura eminentemente semiotica. La marca è innanzitutto un marchio: un significante che, collegandosi a certi significati, genera effetti di tipo e rilievo variabile su cose e persone. E dal segno-marchio prende avvio una serie di più ampie questioni che – incrociando e trascendendo l’economia, il mercato, i consumi – riguardano le strategie di comunicazione, la produzione e ricezione dei discorsi sociali, le condizioni culturali della circolazione dei testi, le dinamiche dell’intersoggettività, la genesi delle credenze e la gestione della fiducia nelle persone e nelle istituzioni, le trasformazioni dell’immaginario collettivo, la costruzione e il riconoscimento dell’identità, l’incrociarsi di forme di vita… d affermare e continuamente ribadire questa natura semiotica della marca sono economisti e sociologi, esperti di marketing e pubblicitari, studiosi dei consumi e filosofi. Molto meno, invece, semiologi. I quali, a fronte di questa conclamata pertinenza disciplinare, manifestano troppo spesso disinteresse nei confronti di un tale argomento, come a non voler vendere l’anima teorica al diavolo del commercio. Sbagliando, naturalmente… ome sottolinea l’Autore nella sua Introduzione: “costoro – diciamo generalizzando – ritengono che la semiotica debba occuparsi degli aspetti cosiddetti ‘immateriali’ della marca, dunque di quegli svariati fenomeni simbolici, immaginari, narrativi ecc. che essa promana; laddove invece il core ‘materiale’ di essa, il suo hardware razionale ed economico, resterebbe di pertinenza di chi si occupa di cose concrete e pratiche, di beni e servizi reali, di denaro insomma. L’attuale prospettiva teorica degli studi semiotici supera però questo genere di aprioristiche distinzioni fra economia e comunicazione, funzionale e simbolico, reale e immaginario, hardware e software, contesti produttivi concreti e testi fittizi che metonimicamente li rappresentano. E lo fa in nome dell’idea (costitutiva della disciplina) secondo la quale i segni, i linguaggi, i testi, i discorsi sono per loro natura modi socioculturali diversi di mettere in relazione significanti e significati, espressioni e contenuti, forme e sostanze, dunque cose e idee, materie e pensieri, corpi e cognizioni, economia e simboli, facendoli in tal modo sussistere come tali. La marca non è un fenomeno costitutivamente schizofrenico che, per destino, mal si nutre di una doppia anima materiale e immateriale. Al contrario, essa è il processo discorsivo che, mettendo in relazione cose e valori, li genera come entità indipendenti. Come dire: prima viene la relazione, poi gli elementi che contraggono tale relazione. Se da un lato c’è il materiale dell’economia e dall’altro l’immateriale del simbolico, è perché una qualche istanza discorsiva – al tempo stesso, vedremo, linguistica e sociale, comunicativa e culturale – li ha generati costruendone il rapporto semiotico. Il denaro sta lì: nella relazione formale, non nelle sostanze di risulta”.
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