“Linguaggi della città” su Abitare
La città vista dal basso
di Francesco Mangiapane
La città può essere considerata come una sommatoria di edifici, più o meno belli, meglio o peggio disposti dentro un determinato perimetro. Può essere considerata come un tutto statico, da guardare dall’alto, vivisezionandone le varie componenti. Oppure. Oppure la si può considerare come un motore semiotico, generatore di senso per chi ci vive e per chi la guarda da lontano. Un senso che è un groviglio di relazioni, un intricato tessuto di azioni e passioni, di percorsi e traiettorie, un senso che è come un cuore pulsante. Allora, l’imponente crescita di Dubai, con i suoi edifici futuristici e le sue soluzioni all’avanguardia può sapere di grandeur, la ricostruzione di Beirut dopo le sue mille guerre come un ambiguo rialzarsi fra le macerie/fantasmi della memoria e perfino Second Life può restituire un sapore, sapore di città, per l’appunto. Ma la città è anche un ritmo, un modo di passarci attraverso. Per questo, vetrine, negozi, insegne luminose, perfino segnali stradali e marciapiedi nei minimi ma incessanti movimenti della vita quotidiana acquistano un ruolo fondamentale per capire lo spazio urbano: ne scandiscono i confini e lo rinnovano incessantemente.
Di tutto ciò, si tratta nel nuovo “Linguaggi della città” appena uscito per i tipi di Meltemi a cura di Gianfranco Marrone e Isabella Pezzini, ordinari di semiotica rispettivamente a Palermo e a Roma. Il libro è un’antologia di saggi sulla città redatti da alcuni fra i più promettenti ricercatori della nuova generazione di semiologi insieme ai più noti esponenti della disciplina e rappresenta una sfida: da una parte di proporre qualcosa che possa “mordere il reale” su un argomento, come quello della città, su cui sono stati scritti fiumi di parole, dall’altro quello di suggerire un metodo, uno sguardo sulla/nella città rigoroso e flessibile per studi futuri. Nato a partire da un fortunato convegno, “Senso e Metropoli”, in cui architetti, urbanisti, amministratori, sociologi e filosofi hanno discusso, insieme alla comunità dei semiologi, delle tematiche più attuali e stringenti dei nuovi scenari urbani, il testo vive di vita propria e si dimostra utile per chiunque voglia appropriarsi di uno sguardo obliquo, non ingenuo della grande macchina semiotica che è la città.
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