La Stampa – Tuttolibri

Mister Brand. Nuovo signore del mondo
Lelio Demichelis

(La Stampa Tuttolibri 1 marzo 2008)

Ci sono nomi di marche che hanno in sé tutto quanto vogliono (vorrebbero) rappresentare, dire e significare. Nike è la vittoria, Magnum la grandezza, Mulino Bianco le cose buone fatte in casa. La mela della Apple invece non evoca o non richiama direttamente qualcosa di specifico, ma ha creato un legame fortissimo tra sé – mela – e il mondo, lontanissimo dell’informatica facile e divertente.
E poi, la filosofia della marca: il connecting people della Nokia o l’impossible is nothing dell’Adidas che diventano filosofie di vita personali. Viviamo in un mondo pieno di prodotti, di cose che chiamiamo «beni» ma soprattutto di brand che, circondandoci ovunque e sempre, evocano cose/beni, che costruiscono «mondi di senso» dentro cui ci immergiamo perché resistere è impossibile, perché davanti a questi mondi facili e terribilmente coinvolgenti è come se alzassimo le braccia affascinati e ammaliati dal canto di queste si¬rene postmoderne. «Mondi di senso» prodotti per creare un legame sempre più forte tra noi e una marca, tra noi e un prodotto, tra noi e una banalissima «cosa»: che cessa di essere cosa per divenire stile di vita, passio¬ne, emozione, segno di distinzione (ma anche di omologazione).
Soprattutto legame, affetto e relazione. Con la cosa, con la marca, con ciò che narra.
Per chi – come noi e per le cose dette sopra – guarda con sospetto a questo mondo della marca e del marketing e Invidia la città di San Paolo che ha deciso di abolire la pubblicità dalle strade, il libro di Gianfranco Marrone ll discorso di marca. Modelli semiotici per il branding (Laterza, pp. 370, €28), appare come un guida preziosa e necessaria per cercare di non naufragare,dl non arrendersi con le mani alzate davanti al fascino non di una bella donna o di Un’opera d’arte, ma di una marea. Un libro per specialisti ma non solo, denso ma scritto bene e che ciascuno dovrebbe leggere per capire chi è e (aggiungiamo) cosa si vuole fare di lui.
Perché la marca – marcare, marchiare – nasce con gli antichi commerci, ma rinasce con la rivoluzione industriale e i consumi di massa. Marca moderna – scrive Marrone (docente di Semiotica a Palermo e di Semiotica della marca a Milano) – che diventa nécessaria «perché nasce l’esigenza di trovare una dif¬ferenza nella standardizzazione», ovvero marcare per far cre¬dere che un certo prodotto sia diverso dagli altri. Nata dunque da una logica strettamente «economica, razionalistica, calcolatrice (…), progressivamente tende a diventare qualcosa d’altro». La marca cessa di esse¬re un oggetto per divenire essa stessa il «soggetto» della mediazione/relazione tra aziende/prodotti e consumatori. Per questo le imprese devono far nascere un «patto comunicativo» con il consumatore. Certo, la marca da sola non basta, ma «diviene uno degli elementi dei marketing mix, qualcosa che – ripetono economisti ed esperti di mercato – incrementa il valore del prodotto, simbolicamente e dunque economicamente». Simboli, segni che danno valore alle co¬se; ben più del valore della cosa in sé.
Pagina dopo pagina (non un altro libro sulla marca, ma «un saggio sul metodo»), si entra in questo mondo fatto di emozioni, parole, immagini. Narrazioni so¬prattutto, perché è la marca oggi a produrre le narrazioni più forti e coinvolgenti, contaminando di sé ogni altro mondo, tra strategie di comunicazione e ricezione dei «discorsi» pre¬senti nella società, tra fiducia da creare nel consumatore e trasformazioni dell’immaginario collettivo. Sembra qualcosa di lontano, ma è il mondo in cui tutti siamo quotidianamente immersi.
Alla fine, scrive Marrone con frase ad effetto, la marca ha preso il posto dl Dio. Un Dio non nascosto, anzi: «che trascende e domina uomini e cose, ma solo a patto di manifestarsi per mezzo di un certo numero dl segni necessari che io rendono riconoscibile, identificabile, replicabile». Un nuovo «dominio divino sul mondo» che non solo si ma¬nifesta «tramite segni/testi che la marca rende coerenti, ma che deve inverarsi nella “comunità dei fedeli” (..)».
Una comunità che non sarebbe acritica ma consapevole, non passiva ma attiva, oggi anche grazie al web. Vero? Eppure, «agendo sul corpo e forgiandone le fattezze, non solo la marca ri-vendica una sua posizione di supremazia e di dominio su di essi», ma diviene «perfetto sostituto di un Dio creatore dei cielo e della terra, delle cose materiali ma anche di quelle immateriali».

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